Cerca nel blog

venerdì 17 maggio 2013

Teflon cancerogeno? 10 alternative alle comuni padelle e pentole antiaderenti

Come tutti noi già sappiamo, le comuni padelle antiaderenti presentano un rivestimento in teflon, materiale sempre più spesso posto sotto accusa per la propria potenziale nocività nei confronti della nostra salute.

Ciò che rende il rivestimento in teflon delle padelle potenzialmente pericoloso è il suo contenuto di PFOA (acido perfluorottanico). Si tratta di un emulsionante utilizzato proprio nella produzione del teflon, in merito al quale alcune ditte produttrici sostengono che esso possa scomparire nel corso del processo di lavorazione del rivestimento antiaderente, per via delle elevate temperature che possono essere raggiunteì nel corso dello stesso.

A porre in dubbio simili affermazioni intervengono alcuni studi effettuati negli Stati Uniti presso la University of Exeter e pubblicati sulle pagine della rivista scientifica Environmental Health Perspectives, in base ai quali è stato dimostrato come elevati livelli di tale sostanza all'interno del sangue possano essere in grado di favorire patologie che coinvolgono la tiroide, con particolare riferimento alle donne.

Il PFOA è stato dichiarato nel 2006 da parte della statunitense Environmental Protection Agency come un componente potenzialmente cancerogeno, presente, anche se a bassi livelli, nella quasi totalità della popolazione statunitense come residuo nel sangue. Il suo impiego a livello industriale potrebbe essere vietato a partire dal 2015, almeno negli Stati Uniti. Il teflon ad elevate temperature non genererebbe soltanto PFOA, ma anche un'ulteriore sostanza considerata cancerogena (nei topi), il tetrafluoroetilene.

Quali pentole e padelle preferire dunque per porsi al riparo da eventuali rischi per la salute? Per cucinare in maniera ecologica e salutare non dimenticate inoltre di consultare la nostra guida in proposito. Ecco infine alcuni suggerimenti sulla scelta di pentole e padelle alternative da utilizzare in cucina.

1) Titanio
jpg
Il titanio è un materiale naturalmente antiaderente. Pentole e padelle realizzate con il suo impiego non necessitano dunque di alcun rivestimento in teflon. Si tratta di un materiale duro, resistente, che può essere utilizzato con sicurezza anche nel caso ci si avvicini alle pentole o alle padelle con la lama di un coltello da cucina. Questo aspetto rende le pentole e le padelle in titanio praticamente indistruttibili e particolarmente durevoli nel tempo. Non doverle sostituire dopo pochi anni garantirà un certo risparmio economico, anche a fronte di un costo iniziale che potrebbe apparire elevato.

2) Terracotta vetrificata
jpg
Le pentole in terracotta possiedono la capacità d garantire una cottura uniforme ed a temperatura costante per qualsiasi tipo di alimento, mantenendo intatti i sapori e permettendo inoltre di contenere l'impiego di grassi. Si tratta di pentole resistenti che permettono di cuocere il cibo a temperature non eccessivamente elevate e che sono in grado di offrire antiaderenza completa, soprattutto se inumidite con dell'acqua prima di procedere alla cottura. Per effettuare acquisti mirati e sicuri sarebbe bene rivolgersi a produttori che ne garantiscano l'ecocompatibilità e che non impieghino sostanze estranee nella loro fabbricazione. La terracotta più sicura ha subito un processo di vetrificazione e non contiene metalli pesanti o sostanze tossiche.

3) Ceramica atossica
jpg
Il tipico rivestimento in teflon delle padelle è stato sostituito in anni recenti da un rivestimento in ceramica, spesso pubblicizzato come ecologico e salutare. Nell'acquisto di padelle con rivestimento in ceramica bisognerà comunque porre una certa attenzione, in quanto nella loro produzione potrebbero essere impiegate sostanze inquinanti o smalti non completamente atossici. Per questo motivo sarebbe meglio rivolgersi negli acquisti ad aziende che garantiscano l'ecocompatibilità e la salubrità dei materiali utilizzati.

4) Vetro Pirex
jpg
Sono considerate le pentole più sicure dal punto di vista della salute e vengono di frequente consigliate a chi soffre di allergia al nikel o a chi desidera evitare che le stoviglie utilizzate in cucina possano contenere metalli pesanti, come cromo e cobalto. Si tratta di pentole purtroppo non adatte alla cottura su fornelli, ma da utilizzare esclusivamente in forno.

5) Ferro
jpg
Pentole e padelle in ferro sono naturalmente antiaderenti e possono essere in grado di sopportare le temperature più elevate. Presentano purtroppo l'inconveniente di poter essere soggette alla ruggine nel caso vengano lavate con acqua. La loro detersione dovrebbe avvenire utilizzando un panno appena inumidito. subito dopo le pentole o padelle in ferro dovranno essere asciugate alla perfezione prima di essere ritirate.

6) Pietra ollare
jpg
Con la pietra ollare vengono realizzate pentole adatte ad una cottura lenta degli alimenti ed in grado di riscaldarsi mantenendo costante la loro temperatura. La capacità antiaderente della pietra ollare è naturale. Inoltre essa non rilascia sostanze tossiche di alcun tipo. Le pentole in pietra ollare richiedono un certo tempo di riscaldamento per raggiungere la temperatura di cottura ideale e sono particolarmente adatte alla cottura di minestroni e zuppe.

7) Acciaio inox
jpg
L'acciaio inossidabile è un materiale particolarmente resistente, adatto pressoché ad ogni tipo di cottura, ponendo attenzione a mescolare di frequente gli alimenti e ad aggiungere una piccola parte di acqua e di olio durante la cottura delle verdure per la preparazione di stufati in modo che esse non rischino di attaccarsi al fondo.

8) Alluminio
jpg
Pentole e padelle in alluminio prive di rivestimento in teflon possono considerarsi davvero sicure? Sono sempre più frequenti i dubbi del mondo scientifico nei confronti dell'alluminio, i cui residui all'interno del cibo potrebbero rivelarsi dannosi per il nostro sistema nervoso. Particolarmente nocivo potrebbe essere il contatto tra alluminio e sostanze acide o ricche di sale. Attenzione dunque anche ai contenitori o alle pellicole in alluminio utilizzati per la conservazione dei cibi. I sali d'alluminio che si sprigionano durante la cottura potrebbero essere potenzialmente tossici per la salute. Chi finora ha utilizzato pentole e padelle in alluminio nel tentativo di evitare il teflon potrebbe essere andato incontro inconsapevolmente a rischi per la salute. Sarebbe opportuno sostituire le proprie stoviglie in alluminio con pentole e padelle in acciaio inox, ancora meglio se dal fondo spesso, per una cottura migliore e che eviti al cibo di attaccarsi al fondo.

9) Rame stagnato


jpg
Le pentole di rame sono adatte ad essere utilizzate per ogni tipo di cottura purché contengano anche un parte di stagno. Si dovrà dunque andare alla ricerca di pentole in rame stagnato che impediscano che nel corso della cottura si verifichi un processo di ossidazione che può condurre alla formazione di sostanze tossiche e di una patina di ossido di rame che dovrà essere sempre rimossa nel caso si utilizzino pentole in rame non stagnato. Le pentole in rame, anche se protette da un rivestimento in stagno, dovrebbero sempre essere utilizzate con la massima attenzione, poiché tale rivestimento protettivo potrebbe facilmente rovinarsi a causa di calore eccessivo o scheggiarsi a contatto con alcuni utensili da cucina.

10) Ghisa smaltata
jpg
Le pentole in ghisa possono essere considerate sicure se rivestite da uno strato smaltato privo di sostanze tossiche. Saranno le case produttrici a dover fornire delle garanzie ai propri clienti in merito ad un simile aspetto fondamentale. Pentole, casseruole e tegami in ghisa smaltata possono essere utilizzati per la cottura in forno, su fornello a gas, ad induzione e persino sul barbecue, oltre a poter essere riposti senza problemi in frigorifero.
http://greenme.it/mangiare/cucina/8569-tef...rnative-padelle

Melanzane al forno.


Ingredienti :
2 Melanzane
1/2 cipolla
1 scalogno
Sugo di pomodoro a piacere
Olio EVO
Maggiorana
Acqua
Sale q.b.

Procedimento :
Tagliare in due le melanzane e svuotarle con l'aiuto di un coltello ed un cucchiaio.
Ridurre a dadini la parte interna.
Ponete dell' acqua a bollire e metteteci la parte esterna delle melanzane ad ammorbidire per qualche minuto, una volta morbidi allora spegnete il fuoco e ritirateli dall' acqua.
Tagliamo finemente la cipolla e lo scalogno e facciamogli soffriggere in padella, inclinandola sul fuoco a raccogliere il tutto ad un lato, in modo tale da ottenere una sorta di frittura e non di soffritto.
Quando cipolla e scalogno cominceranno sprigionare il loro profumo allora aggiungeteci il ripieno delle melanzane.
Pian pianino l'acqua evaporerá, aggiungiamone mezzo bicchiere per evitare che si attacchi al fondo assieme a del sugo di pomodoro.
Quando avrà raggiunto una buona consistenza allora spegnete, aggiungete la maggiorana, mescolate il tutto e cominciate a riempire le melanzane. Ponete in una terrina o in una pirofila e infornate a 180 gradi per circa 20 minuti e 5 minuti con il forno in modalità GRILL.
Buon appetito.

Vegan Kebab


Ingredienti :
Seitan*
Pane arabo
Pomodori
Insalata
Cipolla
Maionese vegan**
Ketchup
Patatine fritte (opzionali)
Olio Evo

Spezie*** :
paprika dolce
cumino
pepe nero in polvere
aglio essiccato
basilico essiccato
cipolla essiccata
senape in polvere

Tagliare il seitan a rondelle sottilissime e farlo marinare in una ciotola per almeno un ora con una tazzina da caffè di olio EVO e le spezie, rigirate di tanto in tanto.
Le dosi delle spezie vanno un pochino a gusti, eventualmente in commercio esiste una miscela già pronta e la si può acquistare al supermercato, controllate nel reparto.
Una volta marinato il Seitan, preparare il Kebab mettendone una quantità a piacere all’ interno e richiudete in carta stagnola facendo scaldare in forno qualche minuto. Aggiungete successivamente pomodoro a spicchi, cipolla a rondelle, insalata, patatine fritte se ne volete, ketchup e maionese.
Ragazzi vi garantisco che è davvero buonissimo e cosa più importante, cruety free!
Buon Appetito!

* Seitan
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=285397548261612&set=a.237077256426975.61899.207755539359147&type=1&theater

** Maionese Vegan
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=235857049882329&set=pb.207755539359147.-2207520000.1366567534.&type=3&theater
Foto: Vegan Kebab

Ingredienti :
Seitan*
Pane arabo
Pomodori
Insalata
Cipolla
Maionese vegan**
Ketchup
Patatine fritte (opzionali)
Olio Evo

Spezie*** :
paprika dolce
cumino
pepe nero in polvere
aglio essiccato
basilico essiccato
cipolla essiccata
senape in polvere

Tagliare il seitan a rondelle sottilissime e farlo marinare in una ciotola per almeno un ora con una tazzina da caffè di olio EVO e le spezie, rigirate di tanto in tanto.
Le dosi delle spezie vanno un pochino a gusti, eventualmente in commercio esiste una miscela già pronta e la si può acquistare al supermercato, controllate nel reparto.
Una volta marinato il Seitan, preparare il Kebab mettendone una quantità a piacere all’ interno e richiudete in carta stagnola facendo scaldare in forno qualche minuto. Aggiungete successivamente pomodoro a spicchi, cipolla a rondelle, insalata, patatine fritte se ne volete, ketchup e maionese.
Ragazzi vi garantisco che è davvero buonissimo e cosa più importante, cruety free!
Buon Appetito!

* Seitan
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=285397548261612&set=a.237077256426975.61899.207755539359147&type=1&theater

** Maionese Vegan
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=235857049882329&set=pb.207755539359147.-2207520000.1366567534.&type=3&theater
11Mi piace ·  · 

COUSCOUS VEGAN


INGREDIENTI PER SEI PERSONE:

1/2 Kg. di couscous precotto
1 pezzo di zucca rossa (4/5 etti)
4/5 carote
1 cavolo verza
4/5 patate
4/5 cipolle
5/6 etti di peperoni friggitelli
5/6 etti di ceci in scatola
concentrato di pomodoro
olio e.v.o.
cumino
carvi
curcuma
coriandolo
spezie per couscous
dado vegetale
paprika dolce
salsa harissa (è una salsa di peperoncino piccante)
sale/pepe q.b.

PROCEDIMENTO :

mettere il couscous in un recipiente e irrorarlo con tre bicchieri di acqua tiepida salata sciogliendo un cucchiaio di curcuma. Girarlo sovente.

Fare un soffritto classico, aggiungere i ceci, 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, 2 cucchiai di paprika dolce e coprirli con brodo vegetale. Durante la cottura controllare sempre che i ceci siano coperti dal brodo, eventualmente salare e aggiungere acqua fino a cottura ultimata.

Friggere i friggiteli in olio bollente, salarli e metterli da parte.

In un tegame medio ma largo fare il solito soffritto deponendo tutte le verdure tagliate a pezzi, aggiungere brodo vegetale, 1 cucchiaio di spezie per couscous, 1 di cumino in polvere, 1 di carvi e coriandolo macinati insieme e 1 cucchiaio di paprika dolce, coprire e lasciare cuocere, salare e controllare ogni tanto, a fine cottura spegnere.

Riscaldare la pentola con i ceci e sovrapporre un colapasta riempito con il couscous (deve cuocere con il vapore) e coprire. Arginare il bordo della pentola con carta stagnola al fine di creare una guarnizione per concentrare il vapore nel colapasta. Ogni tanto irrorare il couscous con il brodo dei ceci (avere l’accortezza con l’aiuto del manico di un cucchiaio di legno di fare dei fori nel couscous per fare passare il vapore) dopo circa ½ ora quando il couscous è bello gonfio spegnere e servire tutto caldo con i pezzi di verdura, i ceci e 2 o 3 friggitelli, a piacere aggiungere la salsa piccante.
Esiste in commercio il recipiente adatto di nome couscoussiera che è una pentola alta con il colapasta che si adatta perfettamente alla circonferenza della pentola.

Link Couscoussiera
http://diariodicucina.myblog.it/media/00/00/1064348179.jpg

BUON APPETITO!
Foto: COUSCOUS VEGAN

INGREDIENTI PER SEI PERSONE:

1/2 Kg. di couscous precotto
1 pezzo di zucca rossa (4/5 etti)
4/5 carote
1 cavolo verza
4/5 patate
4/5 cipolle
5/6 etti di peperoni friggitelli
5/6 etti di ceci in scatola
concentrato di pomodoro
olio e.v.o.
cumino
carvi
curcuma
coriandolo
spezie per couscous
dado vegetale
paprika dolce
salsa harissa (è una salsa di peperoncino piccante)
sale/pepe q.b.

PROCEDIMENTO :

mettere il couscous in un recipiente e irrorarlo con tre bicchieri di acqua tiepida salata sciogliendo un cucchiaio di curcuma. Girarlo sovente.

Fare un soffritto classico, aggiungere i ceci, 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, 2 cucchiai di paprika dolce e coprirli con brodo vegetale. Durante la cottura controllare sempre che i ceci siano coperti dal brodo, eventualmente salare e  aggiungere acqua fino a cottura ultimata.

Friggere i friggiteli in olio bollente, salarli  e metterli da parte.

In un tegame medio ma largo fare il solito soffritto deponendo tutte le verdure tagliate a pezzi, aggiungere brodo vegetale, 1 cucchiaio di spezie per couscous, 1 di cumino in polvere, 1 di carvi e coriandolo macinati insieme e 1 cucchiaio di paprika dolce, coprire e lasciare cuocere, salare e controllare ogni tanto, a fine cottura spegnere.

Riscaldare la pentola con i ceci e sovrapporre un colapasta riempito con il couscous (deve cuocere con il vapore) e coprire. Arginare il bordo della pentola con carta stagnola al fine di creare una guarnizione per concentrare il vapore nel colapasta. Ogni tanto irrorare il couscous con il brodo dei ceci (avere l’accortezza con l’aiuto del manico di un cucchiaio di legno di fare dei fori nel couscous per fare passare il vapore) dopo circa ½ ora quando il couscous è bello gonfio spegnere e servire tutto caldo con i pezzi di verdura, i ceci e 2 o 3 friggitelli, a piacere aggiungere la salsa piccante.
Esiste in commercio il recipiente adatto di nome couscoussiera che è una pentola alta con il colapasta che si adatta perfettamente alla circonferenza della pentola.

Link Couscoussiera
http://diariodicucina.myblog.it/media/00/00/1064348179.jpg

BUON APPETITO!
1Mi piace ·  · 

pasta fresca fatta in casa


LA PASTA BIOLOGICA
DI LAURA  lauranedo@yahoo.it
FARINA DI GRANO DURO BIO:
TAGLIATELLE GR.250 € 1,00
SPAGHETTINI GR.250 € 1,00
MACCHERONI GR.250 € 1,00
MALTAGLIATI GR.250 € 1,00
ORECCHIETTE GR.250 € 3,00
CAVATELLI GR.250 € 3,00
GNOCCHETTI GR.250 € 3,00
BIOLOGICO ALL'UOVO
STESSI FORMATI GR.250 € 2,50
FARINA DI GRANO TENERO
INTEGRALE BIO
STESSI FORMATI GR.250 € 1,50
INGREDIENTI:
FARINA BIOLOGICA DI GRANO DURO
VIVI VERDE
FARINA BIOLOGICA DI GRANO TENERO
INTEGRALE ALCE NERO
UOVA BIOLOGICHE PODERE CENTRALE
MUKKI
RICOTTA MUKKI
SPINACI FRESCHI LESSATI DA ME
STRACCHINO PODERE CENTRALE BIO
PARMIGIANO REGGIANO
ACQUA E SALE
RAVIOLI RICOTTA E SPINACI
GR. 250 € 5,00
RAVIOLI AI FORMAGGI
GR. 250 € 5,00
FRANCOBOLLI
GR. 250 € 5,00

MARGARINA FAI DA TE.


Ingredienti per 1 coppetta.
Ingredienti per la MARGARINA FAI DA TE:
ml. 160 di olio vegetale a scelta;
ml. 45 di acqua oligominerale naturale;
gr.  40 di lecitina di soia.
Preparazione della MARGARINA FAI DA TE:
Mettere la lecitina di soia e un pò di acqua oligominerale in una tazza e lasciar riposare per qualche ora.
A questo punto la lecitina di soia sarà morbida e basterà mescolare accuratamente con un cucchiaino finché non sarà tutta sciolta, senza più granellini visibili.
Mettere  l’olio extravergine e la lecitina liquida in una ciotola capiente e montare con le fruste elettriche o con il mixer  per alcuni minuti aggiungendo il resto dell’acqua a filo finché non raggiunga la consistenza desiderata, rimane sempre abbastanza morbida, tipo maionese.
Si conserva in frigo, per 15-20 giorni, in un contenitore a chiusura ermetica.

MIGLIO CON DADOLATA DI VERDURE


MIGLIO CON DADOLATA DI VERDURE(- Difficoltà = Facile -)
Ingredienti per 6 persone.

Ingredienti per il miglio con dadolata di verdure:
1 bicchiere di miglio;
2 bicchieri d’acqua;
1 carota;
1 cipolla;
1 costa di sedano;
1 cucchiaino di curry;
Verdure di stagione;
Prezzemolo tritato;
timo tritato;
salvia tritata;
rosmarino tritato;
olio extravergine di oliva;
sale;
pepe.
Preparazione del miglio con dadolata di verdure:
Cuocere le verdure a vapore tenendole al dente.
Mettere il miglio in una casseruola  e tostarlo  leggermente,
Unire il miglio con l’ acqua e cuocerlo per  20/25 minuti, alla fine dovrebbe risultare cotto ed asciutto, condirlo con olio extravergine, le erbette aromatiche escluso il prezzemolo ed il curry, aggiustando di sale.
Tagliare a piccoli dadini le verdure cotte a vapore e condirle con olio. Sale e il prezzemolo.
Con l’ aiuto di un copapasta, servire mettendo nei piatti, sotto la dadolata di verdure e sopra il miglio, guarnendo con qualche fogliolina di insalata.

SALSA TZATZIKI


La salsa tzatziki è un’ottma salsa da abbinare  ai falafel, alle fugacette o alla fonduta.
(- Difficoltà = Facile -). Ingredienti per 1 coppetta.
Ingredienti per la SALSA TZATZIKI:
gr. 500 di yogurt bianco di soia;
2 cetrioli;
3 spicchi d’aglio.
Preparazione per la SALSA TZATZIKI:
Prendere i cetrioli, sbucciarli e grattugiarli con una grattugia da carote (una di quelle a buchi grossi).
Cospargerli di sale e metterli in uno scolapasta per almeno mezza giornata in maniera che possano rilasciare tutta l’acqua in eccesso.
Sbucciare i 3 spicchi d’aglio e triturarli bene nel mixer fino a ridurli in pasta e aggiungerli allo yogurt mescolando bene con un cucchiaio e riponendolo in frigorifero per la solita mezza giornata in maniera che l’aglio possa passare il proprio sapore allo yogurt.
Al momento di consumarlo, unire i cetrioli allo yogurt agliato, mescolare bene e servire in tavola con del pane abbrustolito o assieme a dei falafel.

GUACAMOLE


GUACAMOLE. Questa famosa salsa messicana è un antichissimo condimento a base di avocado, ormai conosciuta in tutto il mondo, pare che la ricetta risalga addirittura al tempo degli Atzechi.
(- Difficoltà = Facile -). Ingredienti per 1 coppetta.
Ingredienti per il GUACAMOLE:
2 avocado maturi;
1 pomodoro grosso maturo;
1 cucchiaio di cipolla finemente tritata;
1 cucchiaino di peperoncino tritato;
1 cucchiaino di coriandolo tritato;
1 limone solo succo;
1 spicchio d’aglio finemente tritato (facoltativo);
1 cucchiaio di olio d’oliva (facoltativo);
1/2 cucchiaino di sale;
un pizzico di pepe nero.
Preparazione del GUACAMOLE:
Sbucciare e tagliare a metà gli avocado, togliendo loro il nocciolo.
Con l’aiuto di una forchetta, schiacciarne la polpa.
Tritare tutte le altre verdure (cipolla, peperoncino, coriandolo, aglio).
Sbucciare e tagliare a pezzettini il pomodoro, e unirlo alla purea di avocado precedentemente ottenuta.
A questo punto aggiungere mano a mano, mescolando delicatamente, i vari ingredienti, aggiustando infine di sale e pepe.
La consistenza finale dev’ essere piuttosto cremosa ed omogenea.
Il succo di limone serve a non farlo annerire.
Servire con tacos (sfogliatine messicane, se le trovate vegan) oppure con pane integrale tostato.
Curiosità:
La ricetta originale azteca del guacamole era costituita dalla sola purea di avocado miscelata con succo di lime e sale, ma con l’andare del tempo è stata arricchita fino ad arrivare ai giorni nostri in una versione molto più elaborata che in origine, la quale comprende anche pomodori, chili, cipolla, aglio, pepe, polvere di cumino e coriandolo fresco.

ALGA KOMBU


L’alga Kombu, agisce come depurativo naturale dell’intestino, utile anche a chi soffre di fermentazioni intestinali.
L’alga Kombu è un’alga veramente importante in cucina, ove si presta per insaporire, per addolcire in modo naturale, per ammorbidire altri cibi, per arricchire zuppe e stufati e renderli più leggeri e digeribili durante la cottura.
La kombu utilizzata nella prima cottura, comprende un’ampia gamma di alghe brune appartenenti al gruppo delle laminarie. Usata per secoli come rimedio per la colite, alla kombu vengono riconosciute numerose altre proprietà, come la sua funzione regolatrice dell’alta pressione sanguigna, specialmente negli anziani.
La Kombu è ricchissima di fibre, sali minerali e vitamine, non a caso le alghe possono essere considerate degli integratori a tutti gli effetti ed è proprio grazie alla ricchezza delle sostanze contenute che assumono il loro caratteristico sapore.
L’alga Kombu essendo un prodotto del mare è ricca di iodio ma allo stesso tempo è povera di sodio. Gli effetti benefici per l’organismo sono moltissimi: ha effetto disintossicante, rafforza il sistema immunitario, migliora la digestione e le funzioni intestinali, ha effetto alcalinizzante, favorisce la circolazione e stimola il metabolismo.
Non bisogna però esagerare nell’utilizzo e nel caso ci siano problemi di tipo metabolico e durante la gravidanza e l’allattamento è del tutto sconsigliata.
Si utilizza molto nella cottura dei legumi, in particolare dei fagioli (in quanto li rende più leggeri e digeribili e elimina il problema del gonfiore che possono creare), può insaporire le zuppe, i minestroni, i brodi e tutti i sughi che comunemente prepariamo, i risotti, il seitan e il gomasio.
Nella preparazione del seitan la kombu è importantissima, a differenza della carne che espelle nutrienti nel brodo, il seitan li assorbe arricchendosi delle proprietà dell’alga.
Quest’alga viene prodotta in Giappone, in teoria, le esportazioni di prodotti nipponici dopo l’incidente di Fukushima dovrebbero essere controllate. Se però non vi fidate potete acquistare l’ALGA KOMBU BRETONE.
L’alga Kombu si trova in tutti i negozi etnici e di prodotti naturali o biologici.
Prima di usarla è necessario metterla a bagno per alcuni minuti in modo che riprenda il suo aspetto originario.
E’ prodotta anche in fiocchi o in polvere.

KIBBEH ALLE NOCI


KIBBEH ALLE NOCI KIBBEH ALLE NOCI

KIBBEH ALLE NOCI.
(- Difficoltà = Facile -).
Ingredienti per 6 persone.
Ingredienti per il KIBBEH ALLE NOCI:
gr 200 di bulgur;
gr. 400 di noci sgusciate;
1 cipolla di media grandezza;
Prezzemolo tritato;
sale;
pepe.
Prerparazione del KIBBEH ALLE NOCI:
Far ammollare il bulgur per 15 minuti in acqua tiepida.
Pestare finemente le noci, con un cucchiaino di sale, in un mortaio o, altrimenti, su un tagliere.
Sminuzzare la cipolla.
Premere con le mani il bulgur, in modo da far uscire tutta l’acqua, quindi amalgamare omogeneamente tutti gli ingredienti.
Disporre il composto su di un piatto da portata non molto fondo.
Decorare con foglie di menta f resca.
Mettere in frigorifero per 15 minuti circa e servire accompagnato da un’insalata.
Curiosità:
Con il grano duro integrale germogliato in Medio Oriente si prepara il bulgur (i chicchi sono cotti a vapore, seccati e poi macinati in piccoli pezzi).

angolo del baratto e del riciclo

se avete oggetti da barattare o di cui vi volete disfare , segnatatelo magari con foto forse a qualcun altro può interessare!

o se cercate qualcosa  mandate una mail a gaspitacandeglia@gmail.com e io faro girare la richiesta

Nell’ultimo secolo l’Italia ha perso il 75% della varietà della frutta


La frutta italiana è in via di estinzione. A dirlo la FAO, la quale ha stimato che tra il 1900 e il 2000 sia andato perduto il 75% della diversità delle colture. Inoltre, entro il 2055, a causa del cambiamento climatico, scompariranno tra il 16 e il 22% dei parenti selvatici per colture importanti come arachidi, patate e fagioli.
A perdere di più la propria varietà troviamo frutti quali albicocco, ciliegio, pesco, pero, mandorlo e susino che hanno registrato una perdita di varietà del 75%, con punte massime per albicocco e pero, dal tasso di sopravvivenza varietale di appena il 12%. Nel solo Sud Italia, tra il 1950 e il 1983, è stato riscontrato che delle 103 varietà locali mappate durante il primo sopralluogo, solo 28 erano ancora coltivate poco più di trent’anni dopo.
Anche la vite da vino sta perdendo la propria tipicità: dalla ricostituzione dei vigneti dopo la diffusione della fillossera avvenuta a fine Ottocento, il numero dei vitigni, coltivati all’epoca in alcune migliaia (400 nella sola provincia di Torino), è sceso nel 2000 a circa 350, di cui 10 soltanto occupano il 45% della superficie vitata italiana.
Perché si sta arrivando a questo “olocausto delle culture tipiche italiane”? I motivi vanno ricercati nel graduale abbandono delle colture locali e peculiari di ogni territorio, in favore della frutticoltura moderna o industriale, specie negli ultimi 50 anni. In poche parole, si è sempre più puntato su colture richieste su larga scala sacrificando coltivazioni più ridotte e limitate, ma molto pregiate proprio in quanto tali.
A pesare anche il fatto che queste ultime sono curate da persone sopra i 65 anni. Pertanto la loro scomparsa è legata anche a un fatto anagrafico di chi la pratica.
La sottoutilizzazione delle colture porta anche un impoverimento culturale, tanto più in Italia, paese che per i prodotti di nicchia ha un ruolo importante, con oltre 200 produzioni certificate che rappresentano più del 20% del totale europeo.
Comunque, non tutto è perduto. Finora, le attività di “recupero” delle specie hanno portato a valorizzarne diverse, in funzione di mercati particolari. Si pensi a: la Tonda di Castigliole in Piemonte, la Valleggia in Liguria, la Valvenosta in Alto Adige, la Cibo del Paradiso in Puglia, al ciliegio con la Mora di Cazzano in Veneto, il Durone Nero I, II e III in Emilia Romagna, la Ravenna nel Lazio, la Della Recca in Campania, la Ferrovia in Puglia, fino al melo con la Limoncella nel Lazio e in Campania, la Mela Rosa nell’Italia Centrale, la Appio in Sicilia e Sardegna, la Campanino in Emilia Romagna, la Decio in Veneto.

Agricoltura biologica: cos’è la lotta biologica e perché è meglio dei pesticidi


L’agricoltura biologica o bioagricoltura si pone come obiettivo la produzione di frutta e verdura nel pieno rispetto della stagionalità e con una particolare cura nella coltivazione dei terreni.
Caratteristica peculiare e distintiva dei prodotti coltivati secondo le norme ‘bio’ è l’eliminazione di sostanze chimiche per il trattamento delle piante, evitando anche l’uso di diserbanti e concimi non naturali. I risultati di uno studio del Rodale Institute, un ente che ha realizzato studi pratici comparati tra agricoltura biologica e convenzionale, hanno evidenziato che coltivando i terreni in base al criterio della rotazione delle colture e secondo le regole della bioagricoltura si ottengono raccolti non solo quantitativamente equivalenti ma anche migliori per la salute, data l’assenza di residui di fitofarmaci e sostanze chimiche.Tra le tecniche dell’agricoltura biologica che eliminano l’utilizzo di sostanze artificiali nelle colture compare la lotta biologica. Si tratta di una tecnica che punta sull’antagonismo esistente fra gli organismi viventi per sconfiggere quelli dannosi per le coltivazioni agricole. Il principio base, quindi, consiste nel mantenimento e nella protezione dell’equilibrio naturale insieme allo sfruttamento diretto dei parassiti predatori degli animali nocivi.
L’allevamento di insetti utili, diventa, nella prospettiva della lotta biologica, la strategia ideale per coniugare la migliore qualità nella produzione agricola con la sostenibilità ambientale.
È anche vero, d’altronde, che da sola questa strategia non può assicurare la protezione totale delle colture, dato il numero limitato di specie di insetti controllabili. Per questo iniziano ad essere adoperate anche altre tecniche naturali di tipo biologico, come i feromoni, le sostanze emesse da apposite ghiandole, che possono costituire una trappola per le molteplici specie che si nutrono delle piante.

Follia UE: vietato prodursi cibo, piccoli orti fuorilegge. Come la Tecnocrazia vuole affamare il Popolo

http://www.infiltrato.it/notizie/italia/follia-ue-vietato-prodursi-cibo-piccoli-orti-fuorilegge-come-la-tecnocrazia-vuole-affamare-il-popolo



Quando ti tolgono il lavoro e ti ammazzano di tasse, l’ultima speranza rimane quella di tornare alla terra per auto produrre il sostentamento necessario alla vita di tutti i giorni. Tanto è vero che la fortissima crisi economica ha favorito la nascita di migliaia di nuovi agricoltori, anche in Italia, ognuno con il proprio orticello. Ma ecco arrivare la proposta di legge UE – totalmente folle – che vuole mettere al bando i piccoli orti e vietare l’autoproduzione di cibo. A questo punto, e se dovesse andare in porto, cosa resterà se non la rivolta sociale contro il regime tecnocratico?


ue_vieta_autoproduzione_ciboUna nuova legge proposta dalla Commissione Europea renderebbe illegale “coltivare, riprodurre o commerciare” i semi di ortaggi che non sono stati “analizzati, approvati e accettati” da una nuova burocrazia europea denominata “Agenzia delle Varietà Vegetali europee”. Si chiama “Plant Reproductive Material Law”, e tenta di far gestire al governo la regolamentazione di quasi tutte le piante e i semi. Se un contadino della domenica coltiverà nel suo giardino piante con semi non regolamentari, in base a questa legge, potrebbe essere condannato come criminale. Questa legge, protesta Ben Gabel del “Real Seed Catalogue”, intende stroncare i produttori di varietà regionali, i coltivatori biologici e gli agricoltori che operano su piccola scala. «Come qualcuno potrà sospettare – afferma Mike Adams su “Natural News” – questa mossa è la “soluzione finale” della Monsanto, della DuPont e delle altre multinazionali dei semi, che da tempo hanno tra i loro obiettivi il dominio completo di tutti i semi e di tutte le coltivazioni sul pianeta».
Criminalizzando i piccoli coltivatori di verdure, qualificandoli come potenziali criminali – aggiunge Adams – i burocrati europei possono finalmente «consegnare il pieno controllo della catena alimentare nelle mani di corporazioni potenti come la Monsanto». Il problema lo chiarisce lo stesso Gabel: «I piccoli coltivatori hanno esigenze molto diverse dalle multinazionali – per esempio, coltivano senza usare macchine e non vogliono utilizzare spray chimici potenti». Per cui, «non c’è modo di registrare quali sono le varietà adatte per un piccolo campo, perché non rispondono ai severi criteri della “Plant Variety Agency”, che si occupa solo dell’approvazione dei tipi di sementi che utilizzano gli agricoltori industriali». Praticamente, d’ora in poi, tutte le piante, i semi, gli ortaggi e i giardinieri dovranno essere registrati. «Tutti i governi sono, ovviamente, entusiasti dell’idea di registrare tutto e tutti», sostiene Adams. Tanto più che «i piccoli coltivatori dovranno anche pagare una tassa per la burocrazia europea per registrare i semi». Gestione delle richieste, esami formali, analisi tecniche, controlli, denominazioni delle varietà: tutte le spese saranno addebitate ai micro-produttori, di fatto scoraggiandoli.
insalata_la_tua«Anche se questa legge verrà inizialmente indirizzata solo ai contadini commerciali – spiega Adams – si sta stabilendo comunque un precedente che, prima o poi, arriverà a chiedere anche ai piccoli coltivatori di rispettare le stesse folli regole». Un tecno-governo impazzito: «Questo è un esempio di burocrazia fuori controllo», spiega Ben Gabel. «Tutto quello che produce questa legge è la creazione di una nuova serie di funzionari dell’Ue, pagati per spostare montagne di carte ogni giorno, mentre la stessa legge sta uccidendo la coltura da sementi prodotti da agricoltori nei loro piccoli appezzamenti e interferisce con il loro diritto di contadini a coltivare ciò che vogliono». Inoltre, aggiunge Gabel, è molto preoccupante che si siano dati poteri di regolamentare licenze per tutte le specie di piante di qualsiasi tipo e per sempre – non solo di piante dell’orto, ma anche di erbe, muschi, fiori, qualsiasi cosa – senza la necessità di sottoporre queste rigide restrizioni al voto del Consiglio.
Come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli: «Il problema di questa legge è sempre stato il sottotitolo, che dice un sacco di belle cose sul mantenimento della biodiversità e sulla semplificazione della legislazione», come se il nuovo dispositivo rendesse finalmente le cose più facili, ma «negli articoli della legge c’è scritto tutto il contrario», avverte Adams. Esempio: dove si spiega come “semplificare” le procedure per le varietà amatoriali, non si fa nessun accenno alle accurate classificazioni già elaborate dal Defra, il dipartimento britannico per l’agricoltura impegnato a preservare le varietà amatoriali. Di fatto, spiega lo stesso Adams, la maggior parte delle sementi tradizionali saranno fuorilegge, ai sensi della nuova normativa comunitaria. «Questo significa che l’abitudine di conservare i semi di un raccolto per la successiva semina – pietra miliare per una vita sostenibile – diventerà un atto criminale». Inoltre, spiega Gabel, questa legge «uccide completamente qualsiasi sviluppo degli orti nel giardino di casa in tutta la comunità europea», avvantaggiando così i grandi monopoli sementieri.
E’ quello che stanno facendo i governi, insiste Adams: «Stanno prendendo il controllo, un settore alla volta, anno dopo anno, fino a non lasciare più nessuna libertà», al punto di «ridurre le popolazioni alla schiavitù in un regime dittatoriale globale». Si avvera così la “profezia” formulata da Adams nel libro “Freedom Chronicles 2026” (gratuito, scaricabile online), nel quale un “contrabbandiere di semi” vive in un tempo in cui le sementi sono ormai divenute illegali e c’è gente che, per lavoro, ne fa contrabbando, aggirando le leggi orwelliane imposte della Monsanto. L’incubo pare destinato a trasformarsi in realtà: «I semi stanno per diventare prodotti di contrabbando», afferma Mike Adams. «Chiunque voglia prodursi il suo proprio cibo sta per essere considerato un criminale». Questo, conclude Adams, è il dominio totale sulla catena alimentare. «Tutti i governi cercano un controllo totale sulla vita dei cittadini». Per questo, oggi «cospirano con le multinazionali come la Monsanto», ben decisi a confiscare la libertà più elementare, cioè il diritto all’alimentazione. «Non vogliono che nessun individuo sia più in grado di coltivare il proprio cibo».

“Kamut” non è il nome di un grano, ma il marchio commerciale

“Kamut” non è il nome di un grano, ma il marchio commerciale (come “Mulino Bianco” o “McDonald’s”) che la società Kamut International ltd (K.Int.) ha posto su una varietà di frumento registrata negli Stati Uniti con la sigla QK-77, coltivata e venduta in regime di monopolio e famoso in tutto il mondo grazie ad un’operazione di marketing senza precedenti.

C’è chi chiama questa varietà il “grano del faraone” perché si racconta che i suoi semi sono stati ritrovati intorno alla metà del secolo scorso in una tomba egizia ed inviati nel Montana, dove dopo migliaia di anni sono stati “risvegliati” e moltiplicati.

Il frumento prodotto e venduto con il marchio Kamut è coltivato negli Stati Uniti (Montana) e nel Canada (Alberta e Saskatchewan), sotto lo stretto controllo della famiglia Quinn, proprietaria della società K.Int.; in Italia è importato solo da aziende autorizzate e può essere macinato solo da mulini autorizzati. Tutti i prodotti che portano il marchio sono preparati e venduti sotto licenza della K.Int e sotto il controllo della Kamut Enterprises of Europe.

Il marketing decisamente efficace che è alla base del successo del Kamut ha fatto leva su tre aspetti: la suggestiva leggenda del suo ritrovamento, l’attribuzione di eccezionali qualità nutrizionali ed una presunta compatibilità per gli intolleranti al glutine. Parliamone.

Il Frumento orientale o Grano grosso o Khorasan – lo chiamiamo col suo nome tramandato, comune e “pubblico”, mentre Kamut è un nome di fantasia registrato – è una specie (Triticum turgidum subsp. turanicum) appartenente allo stesso gruppo genetico del frumento duro: presenta un culmo (fusto) alto anche 180 cm; ha la cariosside (chicco) nuda e molto lunga, più di quella di qualunque altro frumento; è originario della fascia compresa tra l’Anatolia e l’Altopiano iranico (Khorasan è il nome di una regione dell’Iran); nel corso dei secoli si è diffuso sulle sponde del Mediterraneo orientale, dove in aziende di piccola scala è sopravissuto all’espansione del frumento duro e tenero.

L’invenzione commerciale del ritrovamento
Dunque, per trovare il Khorasan in Egitto non era (e non è) davvero necessario scomodare le tombe dei faraoni; senza contare che un tipo di Khorasan era (e, marginalmente ancora è) coltivato anche tra Lucania, Sannio e Abruzzo: è la Saragolla, da non confondere con una omonima varietà migliorata di frumento duro ottenuta da un incrocio e registrata nal 2004 dalla Società Produttori Sementi di Bologna. Inoltre non bisogna dimenticare che la germinabilità del frumento decade dopo pochi decenni, per quanto ideali siano le condizioni di conservazione. Tutto questo porta ariconoscere nella storia del presunto ritrovamento del Khorasan/Kamut solo una fantasiosa invenzione commerciale, eleborata per stimolare il desiderio di qualcosa di puro, antico ed esotico. E, a onor del vero, la stessa K.Int. ha preso le distanze salla leggenda che, prealtro, ormai non ha più bisogno di essere incoraggiata.

Dai dati oggi disponibili, di fonte pubblica e privata, tra gli elementi di maggiore caratterizzazione del Khorasan ci sono un elevato contenuto proteico, in generale superiore alla media dei frumenti duri e teneri, e buoni valori di beta-carotene e selenio; per le altre componenti qualitative e nutrizionali non ci sono differenze sostanziali rispetto agli altri frumenti.

Glutine: non ne è né privo né povero
Bisogna, infatti, chiarire che, come ogni frumento, il Khorasan è inadatto per l’alimentazione dei celiaci, perché contiene glutine (e non ne è né privo né povero, come, poco responsabilmente, una certa comunicazione pubblicitaria afferma o lascia intendere) e ne contiene in misura superiore a quella dei frumenti teneri ed a numerose varietà di frumento duro.
____________________________________________________________
Kamut: glutine secco 15,5%, glutine/proteine 94,5%
Frumento duro: glutine secco 12,5%, glutine/proteine 87,5%
Farro dicocco: glutine secco 14%, glutine/proteine 79%
Frumento tenero: glutine secco 13,4%, glutine/proteine 80,6%
Farro spelta: glutine secco 17,1%, glutine/proteine 93%
____________________________________________________________
Detto ciò, il Khorasan è certamente un frumento rustico, con ampia dattabilità ambientale, eccellente per la pastificazione. Come ogni frumento che non è stato sottoposto a procedimenti di miglioramento genetico o ad una pressione selettiva troppo spinta, e proprio per questo motivo pare sia più facilmente digeribile dalle persone che soffrono di lievi allergie e intolleranze, comunque non riconducibili alla celiachia: ma questo è proprio ciò che si può dire dei farri e delle “antiche” varietà di frumento duro e tenero. Se la sua coltivazione è biologica (come permette la sua rusticità e come, per i propri prodotti, assicura il disciplinare del marchio Kamut), si può dire che senz’altro è un prodotto salutare, senza però scadere in esagerazioni né in forzature incoraggiate dalla moda e dal marketing del salutismo.

Costi elevati, per il portafoglio e per il Pianeta
Restano ancora tre aspetti che gettano un’ombra sul prodotto a marchio Kamut (ma non sul Khorasan!):
il monopolio commerciale imposto dalla K.Int. su un frumento tradizionale che, come tale, dovrebbe invece essere patrimonio di tutti, e più di chiunque altro delle comunità che nel tempo lo hanno conservato e tramandato;
il costo eccessivo del prodotto finito (dall’80 al 200% in più di una pasta di comune grano duro biologico), poco giustificabile a sostanziaòe parità di valori qualitativi e nutrizionali, dovuto al regime di monopolio, ai costi di trasporto, ai diritti di uso ed ai costi di propaganda, ma dovuto anche agli effetti di un mercato dell’eccellenza che trasforma il cibo in oggetto di lusso, di gratificazione e di distinzione, e che specula sul desiderio di rassicurazione e sul bisogno di salute;
la pesante impronta ecologica legata allo spostamento di un prodotto perlopiù coltivato dall’altra parte del Mondo che arriva sulle nostre tavole attraverso una filiera molto lunga (migliaia di chilometri), e che, solo per questo fatto, non è compatibile con la filosofia della decrescita e con l’attenzione al consumo locale, fatto se possibile a “chilometro zero”.
Note
Per i dati riferiti in questo articolo sono stati consultati i siti dell’Associazione Italiana Celiachia (www.celiachia.it), dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (www.inran.it), della Kamut International (www.kamut.com), dell’United States Department of Agricolture (www.usda.gov), dell’Insitute Sciwentifique de Recherche Agronomique (http://grain.jouy.inra.fr/), l’articolo di A. R. Piergiovanni, R. Simeone, A. Pasqualone, “Composition of whole and refine meals of Kamut under southern Italian conditions” su Chemical Engineering Transactions, 2009, vol. 17: 891-896. Alcuni dati sonostati indicati da Oriana Porfiri (comunicazione personale).
fonte: aam Terra Nuova, marzo 2010, n°248, pagg.73-76

fonte: http://www.donnagnora.it/DonnanoniGnora.aspx